
La conoscenza è un “asset” che si ottiene attraverso tre diverse modalità: studio, esperienza e acquisizione da terzi. I primi due metodi vengono solitamente utilizzati per acquisire conoscenze che ci interessano personalmente e che utilizziamo nella nostra vita professionale o personale e Il terzo metodo può essere utilizzato per due diversi motivi:
– Il primo si verifica quando vogliamo inserire nella nostra lista le conoscenze acquisite in passato (attraverso lo studio o l’esperienza), ma non abbiamo il tempo a disposizione per imparare e in questo modo ci affidiamo a professionisti più esperti che ci aiutino a risolvere i nostri i problemi. A titolo di esempio si può citare l’assunzione di consulenti specializzati in diversi ambiti che ci mettono a disposizione le loro conoscenze. Una volta fornito il servizio, la conoscenza inizia a essere incorporata in quella nostra già esistente.
– il secondo accade quando non abbiamo questa conoscenza, non ci interessa o è impossibile ottenerla. A titolo di esempio possiamo citare quando andiamo da un medico per un consulto su un problema di salute o quando andiamo da un avvocato per un consulto su un problema legale. In entrambi i casi non vogliamo imparare la medicina o la legge per risolvere i nostri problemi e ci avvaliamo di professionisti che hanno tali conoscenze per aiutarci.
In questo secondo esempio, gli studi legali sono chiaramente società che forniscono servizi intellettuali e che vendono la loro conoscenza ad altre società che sono disposte a pagare (per il secondo motivo sopra) e hanno una sfida: come determinare il valore di questa conoscenza da fornire.
Esistono tre modi per determinare questo valore, uno oggettivo e gli altri due soggettivi o più difficili da determinare.
– il primo, oggettivo, è determinato dal tempo impiegato dal professionista più esperto per trasmettere le proprie conoscenze a chi lo assume. Questo è il modo tradizionalmente utilizzato dagli studi legali quando utilizzano il famoso timesheet per determinare il valore del servizio fornito, compilando il tempo impiegato e moltiplicandolo per il livello di esperienza del professionista (più esperto è il professionista, più il suo tempo è costoso);
– il secondo, soggettivo, si riferisce al valore relativo della conoscenza trasmessa, ovvero qual è l’impatto sul cliente nella sua acquisizione. In altre parole, se quella conoscenza determinerà un guadagno o una perdita di denaro nell’ordine di centinaia o milioni di euro;
– il terzo, comparativo, ha a che fare con la concorrenza tra i fornitori di questo servizio, ovvero quanto in media il mercato addebita per lo stesso lavoro. La soggettività in questo caso sta nell’immagine che il fornitore di servizi ha in relazione al mercato e al numero di fornitori che esistono in quel mercato. Migliore è l’immagine di specializzazione del fornitore e minore è il mercato, maggiore è il prezzo.
Benjamin Franklin nel suo saggio letterario “Consigli a un giovane commerciante” scriveva nel 1748 “Ricorda che il tempo è denaro” e seguendo queste linee di pensiero analizzeremo solo la prima forma di determinazione del valore, che è il tempo impiegato nella trasmissione della conoscenza (Ribadisco l’importanza di adottare il timesheet in ogni studio legale).
Come ho sempre detto, gli studi legali “vendono il tempo del cervello dei suoi membri” e indipendentemente dalle due modalità soggettive citate, la corretta determinazione del tempo applicato su qualsiasi lavoro è di fondamentale importanza per determinarne il valore. Maggiore è il tempo impiegato, maggiore è l’importo da addebitare, ma c’è un limite temporale fisico a cui ogni professionista è soggetto: gli orari possibili di lavoro.
Se immaginiamo una normale giornata lavorativa di 8 ore al giorno con 20 giorni lavorativi al mese, avremo 160 ore possibili di fatturazione per professionista, ma sappiamo che questo è molto difficile da ottenere a causa della perdita di tempo dovuta a diversi fattori e la principale è la ricerca di informazioni.
Secondo McKinsey, i cosiddetti “knowledge workers” trascorrono 1,8 ore al giorno alla ricerca di documenti; Gartner a sua volta riferisce che occorrono 18 minuti per trovare ogni documento e IDC parla di circa 5 ore alla settimana e queste statistiche si riferiscono alle aziende che non avevano un DMS installato!
Ora passiamo a fare dei calcoli molto semplici e alcune ipotesi:
– assumiamo la versione più conservativa (dall’IDC), ovvero 5 ore settimanali o 1 ora al giorno di lavoro perso per la ricerca di informazioni. Questo rappresenta il 12,5% di disservizio che andrà ad aggiungersi alle altre inefficienze esistenti (pausa caffè, interruzioni per motivi personali, ecc.);
– ciò rappresenta 20 ore non lavorate/fatturate mensilmente per ogni professionista;
– considerare l’adozione di un sistema DMS con intelligenza artificiale incorporata (tutti quelli esistenti oggi sul mercato hanno già questa tecnologia) riesce a ridurre questa perdita giornaliera dall’80% al 90%, in quanto consente la localizzazione quasi istantanea dei documenti attraverso sistemi di ricerca intelligente di metadati;
– ciò rappresenta una diminuzione delle ore perse al mese a sole 2-4 ore e un aumento della capacità di fatturazione ottimale da 16 a 18 ore al mese;
– facciamo un’ipotesi conservativa e immaginiamo che solo la metà di queste ore guadagnate vengano utilizzate per nuovi lavori e l’altra metà per il riposo o nuove pause;
– questo trasforma l’aumento della capacità produttiva di ogni professionista in 8-9 ore al mese.
Dopo tutte queste considerazioni conservativi, immaginando un ufficio con 20 dipendenti e una tariffa media di circa 200 euro all’ora, avremo:
20 avvocati per 8 ore per 200 euro/ora è pari a Euro 32.000.
In altre parole, l’adozione di un sistema DMS in uno studio di 20 avvocati prevede un aumento delle entrate di almeno trentadue mila euro al mese!
Ora fai i tuoi calcoli e vedi se è il momento di adottare un sistema DMS nel tuo studio!